Pubblicato dall’Enea lo studio relativo alla consistenza del parco immobiliare nazionale, come contributo alla pianificazione energetica.
Da alcuni giorni è disponibile online il volume “La consistenza del parco immobiliare nazionale”, realizzato dal Dipartimento Unità per l’Efficienza Energetica dell’Enea.
L’obiettivo è l’individuazione del numero e della superficie degli edifici residenziali e non residenziali in Italia, oltre che la superficie complessiva degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione, la quota di immobili pubblici vincolati potenzialmente oggetto di deroga ai sensi delle Direttive europee e la prestazione energetica del parco immobiliare nazionale a inizio 2020.
L’analisi della prestazione energetica del parco immobiliare costituisce il punto di partenza per delineare il percorso di miglioramento, in base alla Direttiva EPBD.
L’Agenzia si è avvalsa della collaborazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze riguardo alle unità immobiliari delle Pubbliche Amministrazioni.
In questo post, concentrerò l’attenzione su quanto emerso in merito agli edifici residenziali.
Gli edifici in Italia
In base all’elaborazione dei dati relativi alla consistenza del parco immobiliare, l’Enea racconta che gli edifici ad uso residenziale in Italia sono circa 12 milioni, mentre sono poco più di un milione e mezzo quelli non residenziali.
Gli edifici ad uso privato
In base alle destinazioni d’uso, gli edifici ad uso privato rilevati dall’Enea sono:
- 12,4 milioni ad uso residenziale (di cui quasi 9,3 milioni mono-bifamiliari e poco più di 3,1 milioni plurifamiliari, per 35,2 milioni di unità immobiliari),
- 57mila uffici privati,
- quasi 260mila nell’ambito del commercio,
- poco più di 27mila alberghi.
Gli edifici residenziali
Dei 12,4 milioni di edifici ad uso residenziale oltre il 60% ha più di 45 anni, avendo come riferimento la Legge 373 del 1976, il primo provvedimento sul risparmio energetico.
Nel dettaglio, gli edifici costruiti fino al 1945 costituiscono poco più di un quarto del totale. Viceversa, quelli costruiti dal 2001 in poi superano di poco il milione.
Il 46,7% della superficie delle abitazioni italiane si colloca nella Zona climatica E, a seguire il 24,9% sta in Zona D e il 18,7% in Zona C.
Lo studio dell’Enea ha elaborato anche il rapporto tra abitazioni occupate e non. La percentuale nazionale di occupazione è del 72,8% (25,6 milioni di abitazioni), con un picco regionale nel Lazio dell’80,5%, mentre il valore più basso è della Valle d’Aosta, con il 44,0%.
Gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP) sono 478mila, tutti costruiti fino al 2000.
Gli alloggi ERP utilizzati direttamente dalle amministrazioni sono 76mila, poi ci sono 18mila alloggi di servizio, foresterie e alloggi per studenti, 8mila alloggi dati in uso a soggetti esterni, 58mila abitazioni dichiarate come non utilizzate.
Sul totale dei quasi 640mila alloggi ERP sopra elencati, lo studio Enea segnala che quelli soggetti a vincolo (culturale o paesaggistico) sono più di 66mila.
Anche per gli alloggi ERP non vincolati, la Zona climatica in cui sono maggiormente presenti è la E, con il 41,6%.
Gli APE residenziali
Lo studio dell’Enea si sofferma sugli Attestati di Prestazione Energetica (APE) contenuti nel SIAPE, il Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica che li raccoglie a livello nazionale.
L’Agenzia, anzitutto, avverte che gli immobili certificati censiti nel SIAPE non rappresentano un campione rappresentativo di tutto il parco immobiliare.
Ad esempio, gli APE residenziali emessi fino al 31/12/2023 sono 4,6 milioni, il 13,07% del totale delle abitazioni italiane.
Inoltre, per i dati elaborati rispetto alle zone climatiche, è probabile che la mancanza dei dati di due regioni (Campania e Sardegna) e il mancato caricamento dei dati pregressi da parte di altre regioni incida sulla scarsa rappresentazione delle Zone climatiche B e C.
Ad ogni modo, considerando gli APE caricati sul Sistema al 31/12/2023 – poco più di 4,6 milioni – si evince, a paragone con i dati al 2019, la riduzione degli APE nelle classi energetiche più basse (E, F e G) e l’aumento nelle classi più alte (da A1 a A4).
Nella figura a seguire, la ripartizione per classe energetica degli APE residenziali al 31/12/2023:
Come osservabile nel grafico, le classi E, F e G totalizzano il 70,4%, mentre nel 2019 questa somma dava il 74,1%.
In prospettiva
Il rapporto dell’Enea sulla consistenza del parco immobiliare, ovviamente, contiene dati ed elaborazioni anche sugli immobili destinati a uffici privati, quelli commerciali, gli alberghi e quelli pubblici.
Come detto sopra, mi sono concentrato su quelli residenziali che, stando ai dati SIAPE, contengono qualche passo in avanti per quanto riguarda il miglioramento delle classi energetiche, anche se va ricordato l’avviso di Enea in merito al fatto che i dati relativi agli APE non costituiscono un campione rappresentativo di tutto il patrimonio immobiliare.
La disamina dell’Agenzia, tra l’altro, ricorda che gli edifici, nell’Unione Europea, rappresentano il 40% del consumo finale di energia e il 36% delle emissioni di gas a effetto serra legate all’energia.
Inoltre, i dati sopra descritti confermano la vetustà del patrimonio immobiliare italiano e la relativa necessità di lavorarci a fondo per raggiungere gli obiettivi fissati dalla Direttiva EPBD.
In questo senso, c’è anche uno studio della Banca d’Italia che quantifica gli immobili da riqualificare.
A proposito di riqualificazione, se vuoi conoscere nel dettaglio i bonus edilizi attivi quest’anno, puoi leggere il mio post dedicato.
______________________________________________________
Lascia un commento