Uno studio della Banca d’Italia affronta le conseguenze della pandemia sull’immobiliare, tra cui l’impatto dello smart working su case e uffici.
L’immobiliare che cambia, per effetto dello smart working da praticare in case riadattate e in uffici più accoglienti: Luigi Donato, Capo del Dipartimento Immobili e appalti della Banca d’Italia, ha affrontato il tema, in uno studio presentato in occasione del RE ITALY Winter Forum 2021.
Gli effetti della pandemia sull’immobiliare
La prima conseguenza dell’emergenza Covid-19, affrontata nello studio, è quella della crisi che ha attanagliato il settore delle costruzioni che, oltre al blocco dovuto al contenimento sanitario, ha dovuto subire le procedure rallentate degli appalti e la dilatazione dei tempi di approvazione da parte degli uffici pubblici.
Ancora più profondo, afferma Donato, è l’impatto sulla domanda, nelle sue varie componenti, dal residenziale al commerciale, dall’ospitalità agli uffici.
In questo scenario, lo studio punta l’attenzione sul binomio casa-ufficio.
Sembra quasi esserci uno scambio vicendevole, per cui “le case tendono ad assomigliare di più ad uffici, dovendo ospitare postazioni di lavoro, e la conformazione degli uffici tende ad ispirarsi ai confort delle abitazioni”. Allo stesso modo, si osserva come campagne e periferie possano prendersi una “rivincita” su città e centri direzionali, in un senso di marcia, quindi, opposto a quello che da anni viene vissuto nei processi di urbanizzazione.
La domanda abitativa adesso si orienta sulla maggior vivibilità, sulla presenza di giardini e terrazzi, pertanto bisogna puntare lo sguardo verso i centri minori o la campagna, nella consapevolezza, tra l’altro, che il tragitto casa-lavoro potrebbe allungarsi, ma diminuire in frequenza.
Smart working, motore del cambiamento
Lo studio della Banca d’Italia considera lo smart working il “principale motore della trasformazione in atto”, nella duplice veste di home working e di smart office.
Va considerato comunque che lo smart working deve, per così dire, fare i conti con due aspetti:
- la necessità di operare in presenza, per alcune tipologie di lavoro;
- il digital divide, che può essere di ostacolo a questa trasformazione.
L’autore dello studio pone l’accento su un approccio ragionevole, che evidenzi, per lo smart working, i fattori tanto di rischio che di opportunità.
Inoltre, non possono essere sottovalutati gli aspetti di maggior sostenibilità emersi dalla diminuzione del traffico e dell’inquinamento nelle città, così come i risparmi per quelle aziende che maggiormente hanno puntato sulla comunicazione a distanza.
Stesso discorso, anche se calato in un particolare contesto, può essere fatto per la Pubblica Amministrazione, in cui lo smart working “non potrà che svilupparsi a macchia di leopardo, in funzione, in particolare, della crescita non omogenea dei livelli di digitalizzazione, della semplificazione dei processi che verrà realizzata, delle capacità gestionali dei dirigenti”.
Lo sviluppo dello smart working dipende poi da altri fattori, in alcuni casi concorrenziali, come la sicurezza dei trasporti pubblici, la didattica a distanza per le scuole, l’accresciuta capacità di accoglienza degli uffici, la miglior funzionalità a livello domestico.
Ad ogni modo, l’autore afferma che, anche superata l’emergenza sanitaria, il processo in corso è irreversibile.
Ad esempio, per gli uffici si può aprire una interessante stagione contraddistinta dagli smart building, in cui l’uso delle tecnologie e una diversa attenzione ai risvolti sociali e organizzativi nella caratterizzazione degli ambienti lavorativi potrebbe favorire uno sviluppo positivo nel settore non residenziale.
Nel documento, infine, si evidenzia che la nuova domanda immobiliare, dentro e fuori gli uffici e le case, sta prendendo sempre più forma.
In prospettiva
Lo studio della Banca d’Italia sullo smart working e, più in generale, sulle conseguenze della pandemia offre diversi stimoli interessanti su cui riflettere per il futuro, immediato e di lunga gittata.
In quest’ultimo anno, le istanze che ho raccolto da parte di persone interessate alla compravendita o alla locazione di immobili (residenziali e non) hanno toccato, in tutto o in parte, anche la questione dello smart working.
Osservando gli sviluppi personali e professionali delle persone che mi hanno contattato, esce fuori un punto in comune: la questione lavorativa rimane centrale, perché spesso connessa con le evoluzioni familiari e, in ogni caso, decisiva per le scelte da fare in merito alla vendita, all’acquisto o alla locazione. Lo smart working, come descritto sopra, è un potenziale motore di cambiamento, ma si aggiunge e va integrato con le dinamiche familiari e reddituali.
Confermo, in linea con lo studio sopra descritto, che emerge con maggior forza l’ambizione, il desiderio di vivere e lavorare in ambienti domestici e operativi maggiormente accoglienti. Allo stesso tempo, bisogna fare i conti, in alcuni casi, con le incertezze dovute a questo tempo pandemico, in cui purtroppo sono cresciute le situazioni di marginalità dovute alla crisi economica ed è aumentata la propensione al risparmio anche da parte di chi non aveva e non ha difficoltà economiche, nell’attesa di tempi migliori.
In generale, credo che il tema della riqualificazione immobiliare rimanga centrale, grazie anche ai bonus fiscali, per rendere migliori le case e gli uffici in cui viviamo e lavoriamo.
A mio avviso, infatti, vale sempre il principio per cui, anche se non si vuole vendere adesso, un immobile riqualificato assume comunque maggior valore, da subito, per la maggior comodità, per i risparmi e per la maggior sicurezza.
In particolare, oltre a quanto puoi leggere sui temi dell’approccio all’immobiliare che pubblico man mano nella specifica categoria del mio blog, ti invito a contattarmi, per studiare ed attuare una strategia personalizzata se, in questo tempo di cambiamenti, hai intenzione di vendere o acquistare, di dare o prendere in locazione un immobile.
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