E’ stata pubblicata la guida alle comunità energetiche in Italia, al fine di facilitare l’approccio dei cittadini alla transizione energetica.
E’ disponibile da alcuni giorni la guida “Le comunità energetiche in Italia”, realizzata nell’ambito del Progetto GECO, promosso da AESS (Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile), ENEA e Università di Bologna e finanziato dal fondo europeo EIT Climate-KIC.
Come recita il sottotitolo, si tratta di una guida (scaricabile gratuitamente dal sito dell’Enea) per orientare i cittadini nel nuovo mercato dell’energia, e “nasce dall’esigenza di affrontare un tema improrogabile: la transizione energetica, intesa come costruzione di un nuovo modello di organizzazione sociale basato su produzione e consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili”.
Nella transizione energetica, improrogabile, non si può comunque non notare che è in crescita il dato dei cittadini che stanno diventando, in Europa, prosumer, vale a dire non più solo consumatori (consumer), ma anche produttori di energia, che in parte può essere immessa in rete o accumulata.
I cittadini, nuovi prosumer, possono diventare comunità energetiche, collaborando per l’obiettivo della produzione, del consumo e della gestione dell’energia grazie a impianti locali.
Questo processo parte dall’autoconsumo (personale e collettivo) per sfociare poi nella dimensione comunitaria, nella quale, grazie soprattutto al fotovoltaico, si possono integrare in maniera efficace produzione e consumo, godendo quindi di maggior autonomia, contribuendo alla sostenibilità ambientale e ottenendo benefici economici.
Nella guida vengono raccontati esempi di comunità energetiche in Italia, in Europa e nel mondo.
Un capitolo è dedicato alla regolamentazione italiana ed europea, con riferimento, tra l’altro, al Decreto Milleproroghe, che ha definito l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche. Di recente, con apposito decreto del MISE, sono stati anche fissati i relativi incentivi.
Il documento cita anche il superbonus del 110%, esteso “all’installazione degli impianti fotovoltaici fino a 200 kW, da parte di comunità energetiche rinnovabili costituite in forma di enti non commerciali o da parte di condomìni, in presenza di requisiti specifici, anche se corrisponde solo alla quota di spesa corrispondente alla potenza massima di 20 kW”.
Da sottolineare, poi, che l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico “potrà essere condivisa a livello di comunità energetica o autoconsumo collettivo ed incentivata come tale, se superiore alla quota di 20 kW. Infatti, i primi 20 kW di energia immessa in rete non potranno essere condivisi e remunerati, poiché la norma prevede che tale quota, che gode delle detrazioni al 110%, sia ceduta al GSE”.
La guida contiene, inoltre, capitoli dedicati agli aspetti tecnologici e a quelli sociali, politici e di governance.
I vantaggi derivanti dal costituirsi ed operare in comunità energetica, descritti nella guida, sono diversi:
- risparmio economico e benefici ambientali;
- contrasto alla povertà energetica;
- risparmio energetico;
- la prospettiva dell’economia collaborativa.
Sono molti ed attrattivi gli aspetti sopra descritti e le comunità energetiche possono suscitare in ogni cittadino una notevole tendenza allo spirito collaborativo.
Nell’ottica di obiettivi condivisi, mi pare che si possano collocare vari attori e contesti, tutti vincenti allo stesso tempo: i cittadini e, di conseguenza, l’ambiente, l’economia, i luoghi in cui viviamo e, non per ultimo, il patrimonio immobiliare e la sua riqualificazione.
L’argomento è denso e sicuramente foriero di nuovi sviluppi, che avrò cura, come sempre, di raccontare qui sul mio blog.
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