Il progetto Laboratorio Permanente Pisacane è tra i vincitori del bando Culturability, proponendo il recupero della palestra della Scuola Elementare ed attività di integrazione nel quartiere di Torpignattara.
Cinque giovani donne hanno partecipato nei mesi scorsi al bando Culturability, con il desiderio di offrire al quartiere romano di Torpignattara il recupero e il riutilizzo a tempo pieno della palestra della Scuola Elementare “Carlo Pisacane”. Il bando era stato promosso nei mesi scorsi dalla Fondazione Unipolis, con la supervisione del Ministero dei Beni Culturali, e, su 996 partecipanti, ha premiato 6 progetti, in tutta Italia, tra cui questo che vado a descrivere.
La scuola Pisacane conta circa l’85% di alunni stranieri di seconda generazione, e, con l’adesione della scuola e la partnership con molte realtà della rete locale, le cinque vincitrici del bando hanno ottenuto un finanziamento per realizzare il progetto Laboratorio Permanente Pisacane. Adesso le giovani progettiste stanno costituendosi in una vera e propria associazione culturale e avvieranno a breve i lavori di recupero e ristrutturazione della palestra della Pisacane, per svolgere attività e laboratori dedicati all’integrazione. Per conoscere meglio questo percorso, ho intervistato una delle componenti del gruppo progettuale, Lucia Moretti – laureata al Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo della Sapienza, insegnante di teatro per bambini – che ringrazio per la disponibilità.
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Com’è nata l’idea?
L’idea nasce all’inizio del 2015, attraverso l’incontro tra noi del progetto e le maestre della scuola. All’inizio avevamo visto le prerogative del bando e cercavamo i luoghi abbandonati di Roma, da ristrutturare. A gennaio ci siamo soffermate sulla Scuola Pisacane, notando l’inagibilità di due piani. Ci siamo confrontate con alcune maestre, tra cui soprattutto Vania Borsetti, che ci affianca da sempre nel progetto, e abbiamo iniziato a frequentare la scuola. Abbiamo quindi pensato di rendere la palestra agibile, non solo utile ai bambini la mattina, ma anche al quartiere, un quartiere complesso come quello di Torpignattara, che necessita di misure sociali e culturali.
Parlami del vostro gruppo di progetto.
Siamo un gruppo di operatrici culturali, veniamo da esperienze molto diverse: ad esempio, una di noi è rumena e ha collaborato con il coro Sesta Voce, che sarà uno dei nostri partner, e fin da piccola lo ha frequentato, ritrovandosi in questo contesto ed il coro è stato uno strumento fondamentale per la sua integrazione, per l’apprendimento della lingua italiana. Io vengo da un’esperienza come insegnante di teatro per bambini. All’interno del gruppo c’è inoltre un’antropologa e una grafica. Ci siamo incontrate e trovate per l’interesse comune forte che muove il progetto che è quello di creare spazi culturali all’interno di quartieri svantaggiati, in cui l’arte e la cultura possano diventare degli strumenti di coesione sociale.
E in quale forma opererete?
Ci stiamo strutturando in forma di associazione culturale.
Che rapporti avete instaurato con la scuola?
Fin dall’inizio abbiamo collaborato con la scuola, la Preside, Stefania Pasqualoni, è rimasta da subito entusiasta del progetto e ci ha affiancato, soprattutto dopo la prima selezione del bando. La scuola è già aperta al quartiere da tanti anni, attraverso l’associazione dei genitori Pisacane 011, da anni attiva nelle politiche sociali ed interculturali del quartiere, ad esempio, con attività come la festa del Capodanno cinese o con la festa di Azione globale contro il razzismo, che caratterizza sia la scuola che il territorio. C’è un attivismo da questo punto di vista molto radicato. La nostra fortuna è stata la connessione con la rete locale, opportunità data da Pisacane 011, già esistente, con associazioni diverse, come il Cemea del Mezzogiorno, Asinitas Onlus, attive da tempo, che però non avevano uno spazio, un luogo in cui incontrarsi.
Come avete individuato la palestra come luogo da recuperare e offrire al territorio?
L’individuazione della palestra è nata dal suggerimento delle maestre e dall’iniziativa del regista Michelangelo Ricci, che fa parte della compagnia Ribolle – Teatro dell’assedio: ci hanno sollecitate ad aprirci verso un teatro pubblico partecipato, in cui il teatro diventa il fulcro del quartiere, uno strumento ed un luogo in cui tutta la comunità si integra, partecipa. Inoltre io e le altre ragazze desideravamo utilizzare le nostre competenze letterarie ed artistiche concretamente, anche in risposta agli obiettivi del bando.
Come avete attivato la progettazione per il recupero della palestra?
Per la ristrutturazione della palestra, ci siamo rivolti alle competenze e alle maestranze delle persone del quartiere, sia per il progetto che per i lavori. Abbiamo chiesto preventivi anche a ditte esterne, per valutare il tutto, ma abbiamo sempre e comunque chiesto ai genitori, stando in connessione con loro.
Il Municipio Roma V è stato coinvolto?
Abbiamo contattato il Municipio Roma V, che ci ha dato subito l’adesione, è uno dei nostri partner ufficiali, anche perché, questa palestra, inizialmente, era un luogo ambìto per le attività pomeridiane.
In questi tempi, così difficili, il tema dell’integrazione è veramente molto caldo.
Sicuramente il tema dell’integrazione attualmente molto impellente, noi cercheremo, in base ad un lavoro che già esiste nel quartiere, di dare espressione alla realtà che ancora non la trova. Ad esempio la mamma bengalese, che si trova tutto il giorno a stare in casa, attraverso un’azione, che non è solo nostra, di mediatori culturali, verrà inserita in un contesto in cui si sentirà utile, per il quartiere. L’atmosfera che si respira alla Pisacane, durante gli eventi, è questa, si sente tantissimo l’energia delle persone, per l’unione delle varie culture. Le aspettative dei bambini rendono tutto molto magico, profondo. Mentre spesso lo straniero, il migrante viene visto, al di là di tutto, come un soggetto a sé stante e spesso viene associato ad eventi di un certo tipo.
Com’è formata la comunità degli alunni della scuola Pisacane?
L’85% degli studenti è migrante, di seconda generazione, sono nati in Italia, ma non hanno la cittadinanza. Le comunità prevalenti sono quella cinese e bengalese, ma molti provengono anche dall’Europa dell’est e dall’Africa del nord.
Come si svilupperà il progetto?
Noi costituiremo l’associazione e la prima cosa che faremo sarà la ristrutturazione della palestra, costruiremo infatti un parco modulare mobile, per rimontarlo d’estate all’esterno in cortile, faremo l’insonorizzazione dell’edificio, la messa in sicurezza. Il nostro obiettivo è di creare, anche attraverso questi lavori iniziali, un coinvolgimento delle risorse che sono presenti nella scuola. Ad esempio, una madre, che fa parte di Pisacane 011, si occuperà dei lavori di falegnameria: stiamo cercando di mobilitare, di coinvolgere il quartiere, le competenze delle persone. Vorremmo coinvolgere anche gli street artist, che hanno già reso più carino il quartiere. Terminati i lavori, ci saranno i laboratori, dalle 17 alle 22, tutti i giorni, e gli eventi durante i fine settimana. Verranno svolte diverse attività: teatro, danza, corsi di ballo bengalese, corsi di lingua e così via. Stiamo intanto cercando nuovi finanziamenti, partecipando ad altri bandi. Stando in una struttura complessa come la scuola, cercheremo anche di creare un esempio per altre scuole che hanno le stesse caratteristiche. L’aspetto innovativo sarà proprio di creare uno spazio associativo, con l’esperienza e la capacità di riunire, in scuole collocate in quartieri complessi, realtà diverse. La Pisacane è stata spesso considerata una scuola di migranti, lo abbiamo sentito in interviste che abbiamo fatto nel quartiere: “Non ci mando mio figlio, per questo”. Cercheremo invece di far conoscere le potenzialità che questo progetto può dare.
Nel presentare il progetto, avete ricevuto richieste di informazioni o nuove adesioni?
Ci sono molte persone, molte ragazze che lavorano con i bambini, che si sono proposte per darci una mano. E’ un processo in itinere, stiamo iniziando dei percorsi, abbiamo tutto il tempo per imparare e verificare come sta andando.
Quali sono gli aspetti che vi sono stati riconosciuti per la validità del progetto proposto per il bando?
Sicuramente la scuola, come emblema del mutamento antropologico del nostro paese, dove ci sono tantissimi bambini migranti. E perché potrebbe essere un modello della scuola del futuro: qualcosa deve cambiare, data la situazione, anche a livello mondiale, ma non voglio entrare nello specifico, non è argomento di mia competenza, ma questo credo sia uno dei punti da affrontare. Poi, fin da subito, ci siamo aperti alle reti, alle associazioni, alle maestre, volendo potevamo presentare un progetto per conto nostro, invece abbiamo voluto tutelare l’aspetto della rete, che riteniamo un aspetto fondamentale. Tornando alla scuola, va poi tenuto conto che è una scuola storica: fino agli anni ’50-’60 viveva l’immigrazione di calabresi, siciliani. E oggi è in una realtà complessa, in un quartiere popolare.
Quali sono state le difficoltà principali vissute finora?
L’intuizione, più che la difficoltà, di agire all’interno di una scuola. Vuol dire ascoltare moltissimo, apprendere da chi ha più esperienza. Nel nostro caso, stare dietro ad un meccanismo burocratico, non potendo dare libero sfogo alla creatività. Questo è un ostacolo, ma anche uno stimolo, cercare di inserirsi, per far partire il progetto che fa bene sia all’organismo burocratico che agli individui.
E invece qual è stato finora l’aspetto più positivo e sorprendente?
Il clima che abbiamo trovato qui, che si respirava già, dato dall’interesse a cambiare le cose, in cui i genitori comunicano, lavorano. E’ stato ed è tuttora bello vedere persone interessate a creare concretamente una realtà che favorisca l’integrazione.
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Dalle parole di Lucia Moretti emerge un mix interessante offerto da parole chiave come cittadini (in particolare bambini, giovani, genitori), sociale, quartiere, cultura, territorio, spazi pubblici. E’ interessante che il perno del progetto sia la scuola del quartiere e che il recupero dello spazio sia incentrato sulla palestra, in cui gli alunni trascorrono parte delle loro mattine e, a seguire, vedranno quel luogo popolato anche dalle loro famiglie, dai cittadini, dagli artisti, da chiunque desidererà dare e ricevere sostegno in un progetto coraggioso, visti gli obiettivi proposti. Il recupero concreto della palestra vede inoltre un lodevole sforzo verso un piccolo, ma importante, germe di sviluppo locale, vista l’opera di coinvolgimento delle competenze, delle idee e delle energie fornite dalle persone stesse del quartiere.
E’ un progetto ambizioso, in una realtà complessa, è stato già riconosciuto e sostenuto da una fondazione privata, ha ricevuto la forte adesione e partecipazione di una scuola pubblica e ora sarà interessante osservarne gli sviluppi, vedere cioè come nella palestra della Pisacane potranno crescere tutti, non solo i più piccoli.
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