La ricerca di Ancsa e Cresme sui centri storici in Italia è dedicata soprattutto al loro valore culturale ed economico, attuale e potenziale.
La ricerca sui centri storici in Italia, pubblicata nel dicembre 2017, è stata curata dall’Ancsa (Associazione Nazionale Centri Storico Artistici), in collaborazione con il Cresme (Centro Ricerche Economiche e Sociali del Mercato dell’Edilizia).
Le motivazioni dell’indagine
Questa indagine colma un vuoto di analisi perdurante da 30 anni che, per i curatori, è stato dovuto a due ragioni:
- la sensazione della classe politica nazionale che la protezione del patrimonio storico urbano, con l’inserimento nel Codice dei Beni Culturali, sia stata definitivamente assicurata con le riforme urbanistiche risalenti agli anni ’60 e ’70;
- l’aver trasferito la materia alle Regioni negli anni ’80 ha deresponsabilizzato lo Stato sul compito di vegliare sulla situazione dei centri storici.
L’analisi di Ancsa e Cresme è stata compiuta sui 109 centri storici dei capoluoghi di provincia ed evidenzia come si tratti di una realtà polarizzata, nel senso che ci sono centri che attirano popolazione e si sviluppano dinamicamente ed altri sono invece in crisi, in stato di abbandono e con problemi gestionali e occupazionali.
Emerge quindi un quadro complesso, “caratterizzato dalla presenza di diverse classi di comportamento, alcune frutto di vocazioni e dinamiche storiche tipiche del nostro Paese, altre emerse come innovative negli anni duemila, ma che alla fine dei conti confermano il carattere profondamente individuale del nostro territorio e di conseguenza dei suoi centri storici”.
I 109 centri storici analizzati sussistono su un territorio di 172 kmq., che corrisponde allo 0,06% del territorio italiano. Un territorio quindi contenuto, ma ricco di valori e nel quale risiede il 2,5% della popolazione italiana, quasi 1,5 milioni di abitanti.
Il ruolo dei centri storici per l’economia
Se si guarda però al numero di addetti che ci lavorano, in unità locali di imprese, istituzioni e associazioni no profit, essi sono ben 2,1 milioni, l’8,4% di quelli nazionali. In particolare, gli addetti ai servizi pubblici, ai servizi di produzione e alle attività ricettive superano il 13%.
Gli autori della ricerca evidenziano pertanto il ruolo propulsivo dei centri storici per l’economia, quantificabile in 2,2 posti di lavoro per residente in età lavorativa.
L’economia del turismo, ad esempio, corrisponde alla notevole concentrazione di opere artistiche e architettoniche, di musei e di cultura. Le presenze turistiche, dal 2010 al 2016, sono cresciute da 94 a 111 milioni nelle città d’arte italiane, pari al 27% delle presenze complessive in Italia, la cui gran parte si concentra nei centri storici dei principali capoluoghi.
Chi vive nei centri storici
Per quanto riguarda la popolazione che abita i centri storici, il dato complessivo parla di una sostanziale stabilità, dovuta però a fattori molto diversi. Sono infatti 46 i centri che hanno visto un calo di popolazione tra il 2001 ed il 2011, mentre in 63 il dato è in crescita.
Osservando questi dati al punto di vista regionale, in Lazio, Toscana, Umbria e Marche (in quest’ultima ad eccezione dei comuni della costa) la popolazione è in crescita.
C’è invece calo della popolazione in Veneto, parte della Lombardia, Abruzzo, Molise, parti della Puglia, sud-est della Sicilia e Sardegna.
Ancora più nel dettaglio, le dinamiche di crescita o diminuzione degli abitanti nei centri storici sono diverse da città a città. Ad esempio, Roma vede un aumento sia della popolazione generale che di quella in centro storico, come Prato, Torino e Parma. Milano, Cagliari e Venezia, invece, stanno tra le città con centro storico in maggior calo di abitanti.
Prendendo in considerazione le famiglie, importante punto di riferimento per l’abitare, il quadro si modifica.
Essendosi verificato un boom di crescita delle famiglie a livello nazionale tra il 2011 ed il 2011, questo di riflesso è avvenuto anche nei centri storici, con prevalenza nel Centro Italia.
Solo in 15 centri storici il dato sulle famiglie è negativo e, oltre L’Aquila, gli ultimi tre posti sono di città siciliane.
Con la crescita complessiva delle famiglie, si è verificata nel contempo la contrazione della dimensione dei nuclei che, se a livello nazionale conta 2,4 componenti, nei centri storici in media è formata da 2.
Nei centri storici, nel 2011, quasi la metà delle famiglie residenti è uni-nucleare, il 24% è composto da due sole persone, pertanto il 71,3% delle famiglie è di piccolissima dimensione.
Roma detiene il record nazionale di famiglie uni-nucleari, con il 62,0%, seguita da Genova, Bologna, Perugia, Torino e Firenze, viceversa, in diverse città pugliesi, c’è la percentuale più bassa.
Il nucleo familiare che si riduce non è solo da mettere in relazione con i nuovi modelli di famiglia che interessano soprattutto le fasce più giovani, ma anche con la popolazione che invecchia. Gli over 65 nei centri storici sono il 22,6% della popolazione residente, valore leggermente più basso di quelli che risiedono nella parte di città non centro storico (22,8%), e abbastanza vicino al dato nazionale: 20,8%.
Si tratta comunque di dati che mostrano come, nei centri storici in Italia, ci siano 1,8 anziani per ogni giovane (1,4 è il dato nazionale).
Le singole città evidenziano dati diversi, come Pescara e Treviso che hanno un indice di dipendenza (persone over 65 rispetto a quelle in età lavorativa) intorno al 52%, mentre a Modena, Taranto e Palermo si situano intorno al 20%.
Di converso, l’indice di dipendenza giovanile (i minori di 15 anni rispetto alle persone in età lavorativa) vede un dato dei centri storici in Italia pari al 19%, a livello complessivo nazionale si sale al 23,3%.
E’ chiaro che nei centri storici nascono pochi bambini, ma ci sono realtà che presentano numeri notevoli di crescita giovanile: Verbania, Prato, Massa, Forlì, Ravenna e Latina.
Sono invece i centri storici di città del Sud quelli che hanno perso di più la presenza giovanile: Siracusa, Brindisi, Foggia e Campobasso.
La presenza degli stranieri nei centri storici è un altro aspetto indagato da Anca e Cresme.
Essi sono l’11,7% della popolazione residente nei centri storici, stando ai dati censuari.
Le città con maggior incidenza straniera nella popolazione dei centri storici sono Modena, Roma e Brescia, e le prime 11 sono comunque città del Nord, fatta eccezione per la Capitale. Nella ricerca viene infatti segnalato come gli stranieri vadano dove si offre lavoro, dando poi un contributo alla crescita demografica.
Il patrimonio immobiliare
Il tema immobiliare nei centri storici offre spunti interessanti, tra gli immobili lasciati vuoti e quelli invece impegnati nel mercato turistico.
Nei 109 centri storici in Italia ci sono più di 886mila abitazioni, il 2,8 del totale nazionale. Quelle vuote o non occupate da residenti sono quasi 183mila, il 2,6% del totale nazionale e il 21% del totale abitazioni (una abitazione su cinque).
Le realtà locali sono differenziate: a Frosinone un’abitazione su due è vuota, a Lecco lo è il 42%, ma con occupazione di non residenti e uso turistico, a seguire Ragusa, Barletta, Rieti, Macerata, Trapani. Valori invece molto bassi di case vuote nei centri storici sono riscontrabili a Firenze, Napoli e Milano.
I dati offerti dall’OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate) sono stati rielaborati da Ancsa e Cresme per analizzare gli andamenti delle quotazioni.
Quello di Milano e, a seguire, quello di Roma sono i centri storici più cari, con oltre seimila euro al mq. Al contrario, il centro storico di Taranto risulta avere la quotazione più bassa: € 256/mq.
Sul fronte dei prezzi, gli scostamenti maggiori tra il 2016 ed il 2014 sono stati riscontrati a Matera e Lecce, evidentemente per effetto degli sviluppi culturali e turistici in corso. I centri che invece hanno perso di più sono Asti, Pesaro, Agrigento e Siena.
La ricerca Ancsa-Cresme calcola anche il valore del patrimonio residenziale al 2016, in base ai valori medi.
Dopo Milano, con 36,4 miliardi di euro, il patrimonio di Roma è stimato in 32 miliardi e mezzo, grazie alle quasi 56mila abitazioni, per una superficie di 5.315 mq.
Il valore complessivo del patrimonio immobiliare dei centri storici in Italia è di 224 miliardi e si tratta solo (si fa per dire) dell’ambito residenziale, per cui non sono considerate le opere architettoniche non residenziali e infrastrutturali.
La realtà dei centri storici rimane quindi degna di elevata attenzione, sul piano culturale e turistico, come su quello economico, con particolare riferimento alle questioni demografiche ed occupazionali.
Restando in tema, ti segnalo il mio post relativo alla semplificazione per i cambi di destinazione d’uso degli immobili nei centri storici.
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