Uno studio della Banca Centrale Europea analizza il rapporto tra il mercato immobiliare commerciale e il rischio climatico.
Lo studio della BCE
Il 21 maggio scorso la Banca Centrale Europea (BCE) ha pubblicato lo studio (scaricabile dal sito ufficiale) dal titolo “Pricing or panicking? Commercial real estate markets and climate change”, i cui autori sono Kai Foerster, Ellen Ryan e Benedikt Scheid.
Il titolo esprime il senso del documento di lavoro della BCE, considerando anche che si tratta della prima analisi dedicata alla valutazione del rischio climatico nel settore immobiliare commerciale in area Euro.
I fattori di rischio climatico
Nel working paper della BCE viene indagato in particolare il comparto degli uffici e di come gli andamenti di mercato siano influenzati dal cambiamento climatico.
I rischi fisici considerati nello studio sono i seguenti:
- incendi
- stress termico
- stress idrico
- innalzamento del livello del mare
- terremoti
- alluvioni.
Chiaramente gli autori specificano che i terremoti non sono associabili al cambiamento climatico, ma è prevedibile che tale cambiamento accrescerà gli altri fattori individuati.
I fattori, esaminati per ognuno dei paesi dell’area Euro, vedono ai due estremi la Grecia, con il punteggio di rischio più alto, e la Finlandia, con quello più basso.
Il nostro Paese si colloca in alto, subito dopo la Grecia, in particolare per stress idrico e termico e per i terremoti.
Come sono cambiati i prezzi degli uffici
Gli stessi autori segnalano correttamente che, non avendo a disposizione dati sul classamento energetico, hanno tenuto conto dell’età degli immobili e della ristrutturazione più recente operata.
Incrociando i dati di rischio con quelli delle transazioni avvenute in area Euro e in Bulgaria (circa 24mila), lo studio evidenzia che, per gli uffici ad alto rischio, dal 2012 è stato applicato costantemente un ribasso del prezzo: lo sconto medio è cresciuto del 24% nel periodo 2007-2022. Questa variazione nei prezzi, secondo quanto descritto nel documento, comunque è avvenuta ordinatamente, senza implicazioni per la liquidità.
Questi dati, se teniamo conto del periodo indicato, stanno anche a significare che la consapevolezza del rischio climatico è nata già prima dell’Accordo di Parigi, il trattato del 2015 che stabilì la necessità del contenimento del riscaldamento globale.
Inoltre, eventi importanti dovuti ai rischi sopra elencati porterebbero ad un’elevata insolvenza, oltre che alla diminuzione del sistema delle garanzie.
Per quanto riguarda invece gli edifici più recenti, coerentemente con quanto descritto prima per gli edifici a rischio, l’aumento di prezzo è significativamente più elevato, pari al 18% nel periodo 2007-2023.
Nello studio viene poi segnalato, a partire dal 2018, il rischio di transizione per gli edifici più vetusti, che potrebbero diventare attività incagliate per cui la liquidità circola meno, soprattutto per i rischi sopra descritti.
La gestione della transizione
In questo senso, gli autori, nella domanda espressa nel titolo del loro lavoro, sottolineano come nel mercato, per affrontare il rischio climatico, ci sia bisogno di una transizione ordinata, consapevole dei rischi, per attenuare gli effetti economico/finanziari negativi, preparandosi per tempo ai cambiamenti.
Per questo, nel documento di lavoro viene sottolineata la necessità di adottare strumenti macroprudenziali per far crescere la resilienza del sistema finanziario. Inoltre, vanno colmate le lacune nei dati, soprattutto per quanto attiene alle classi di efficienza energetica del patrimonio immobiliare.
In prospettiva
Quanto descritto nello studio della BCE lascia trasparire che ci sia stata, già da molti anni, una consapevolezza del rischio climatico che, per quanto abbia inciso sulle dinamiche dei prezzi, non ha bloccato il mercato degli uffici.
Ciò non toglie, ovviamente, come suggerito dagli stessi autori, che la transizione debba essere ordinata, preparata, sia per evitare shock profondi, sia per dare al mercato strumenti sempre migliori in prospettiva, dato che le implicazioni sono diverse e toccano senz’altro anche il fronte della liquidità, dei mutui, delle garanzie e delle insolvenze.
Passando dall’area Euro all’Italia, il mercato degli uffici, nel primo trimestre 2025, ha subìto un decremento pari quasi al 6% (puoi leggere i dettagli nel mio post dedicato).
Sono numerosi gli aspetti interessanti emersi dallo studio della BCE, ma per me sono altrettanto importanti le rilevazioni compiute per il nostro Paese sugli immobili residenziali, visto che il tema del cambiamento climatico e dell’efficienza energetica degli edifici incide anche sulla loro valutazione. Su questo, puoi leggere il mio post dedicato all’analisi di Bankitalia sui prezzi delle case in relazione alle classi energetiche.
Sappiamo, poi, che è stata approvata definitivamente più di un anno fa la Direttiva UE sulle case green, su cui l’Italia ora deve costruire il piano di intervento specifico.
Le analisi sui dati, i numeri, gli allarmi, le proposte, a mio avviso devono sempre e comunque confluire su tavoli di discussione e di azione composti dal pubblico e dal privato, dai cittadini e dagli operatori di settore, dal sistema economico e da quello sociale, in quanto le problematiche e le opportunità del mercato immobiliare riguardano tutte le componenti della società.
E quindi, è necessario che il grado di coinvolgimento sia sempre alto e ampio, affinché ci sia un efficace passaggio dal vivere (più o meno ordinatamente) dei rischi alla capacità di affrontarli concretamente, insieme.
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