Le statistiche relative al Catasto nel 2020 offrono un quadro della consistenza e delle rendite del patrimonio immobiliare italiano.
In questi giorni è vivo il dibattito relativo alla riforma fiscale avviata dal Governo Draghi, che contiene un punto dedicato al Catasto.
In sintesi, ti offro un quadro del Catasto italiano, così come emerge dalle Statistiche pubblicate nel luglio scorso dall’Agenzia delle Entrate, in modo da osservare con attenzione qual è la situazione del patrimonio immobiliare italiano al 2020.
Il Catasto, dati e numeri
Lo stock immobiliare italiano, al 31 dicembre 2020, consiste di quasi 76,5 milioni di immobili, per una rendita complessiva pari a quasi 38 miliardi di euro.
Le categorie del Catasto che producono reddito sono quelle che vanno da A a E, con 66 milioni di immobili, per una rendita coincidente con quella complessiva.
Gli immobili in categoria F (non producenti reddito), i beni comuni non censibili e le unità immobiliari in lavorazione ammontano a più di 10 milioni di unità.
Il gruppo più numeroso è quello della categoria A, con quasi 36 milioni di immobili e con una rendita catastale di quasi 19 miliardi di euro. Segue la categoria C con quasi 28 milioni di unità, per una rendita di poco più di 6 miliardi, mentre il gruppo D, con poco più di un milione e mezzo di unità, segna una rendita di quasi 11 miliardi di euro.
Le persone fisiche detengono l’88,5% dello stock immobiliare nazionale, mentre le non fisiche (enti, società, fondazioni) sono proprietarie dell’11,3%.
Le persone fisiche prevalgono nei gruppi A, C e F, mentre le persone non fisiche in B, D ed E.
La distribuzione della rendita catastale complessiva vede quindi le persone fisiche con il 60,9% e le non fisiche con il 39%, per valori rispettivamente pari a poco più di 23 e 14,8 miliardi di euro.
I valori medi delle rendite catastali per unità immobiliare si attestano a 489 euro per il gruppo A, 2.308 euro per l’A/10, 220 euro per il gruppo C. I gruppi B, D ed E oscillano tra 6.500 e quasi 8.000 euro. La media nazionale è di 576 euro.
Dando uno sguardo al patrimonio residenziale, le statistiche elaborate dall’Agenzia delle Entrate evidenziano come le categorie A/2 e A/3 siano le più numerose, entrambe intorno ai 13 milioni di unità, seguite da A/4 e A/7. Anche qui, prevalgono in maniera netta, come intestatari, le persone fisiche, sia per numero di unità che per rendita catastale, ad eccezione della categoria A/9.
Le rendite medie per unità abitativa ammontano a 625 euro per A/2, 420 euro per A/3, fino agli oltre 3.000 euro per le categorie di lusso.
Analizzando la consistenza delle abitazioni censite, ti offro un esempio riguardante le A/2: questa categoria segna in media 6 vani, per una superficie media di 126 mq. Sembrano dati fuori dal reale, ma si tratta, appunto, di una media nazionale, tant’è che la distribuzione geografica delle abitazioni con superficie più ampia riguarda zone diverse da quelle maggiormente urbanizzate. Difatti, ad esempio, nelle province di Roma e Milano la superficie media per abitante è pari a 50-60 mq.
La riforma fiscale avviata dal Governo
Il 5 ottobre scorso il Presidente del Consiglio Draghi ed il Ministro dell’Economia e delle Finanze Franco hanno presentato il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale che contiene, tra l’altro, la “riformulazione” del Catasto.
Questo processo di riforma avrà tempi lunghi, la legge delega va infatti discussa in apposite commissioni, in Consiglio dei Ministri ed in Parlamento.
Il Governo ha affermato che le nuove informazioni date dalla riforma del Catasto non saranno rese disponibili prima del 1°gennaio 2026, per un’operazione che, fino ad allora, avrà il compito di rendere trasparente il sistema, senza toccare (per ora) l’aspetto tributario.
Da un lato il Governo vuole “assicurare l’emersione di immobili e terreni non accatastati”, dall’altro ha l’intenzione di “integrare le informazioni sui fabbricati attualmente presenti nel Catasto, attraverso la rilevazione per ciascuna unità immobiliare del relativo valore patrimoniale, in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato e introducendo meccanismi di adeguamento periodico. Questo intervento non ha tuttavia alcun impatto tributario”.
Inoltre, è sempre il Governo a comunicare che “gli estimi catastali, le rendite e i valori patrimoniali per la determinazione delle imposte rimangono quelli attuali. Le nuove informazioni raccolte non avranno pertanto alcuna valenza nella determinazione né delle imposte né dei redditi rilevanti per le prestazioni sociali”.
Il Governo vuole fare una fotografia del catasto italiano, lasciando quindi, da quel che ho compreso, a chi governerà nel 2026 il compito di adeguare eventualmente l’imposizione fiscale.
E’ abbastanza noto come il sistema, ad oggi, non sia adeguato ai tempi, sia per gli immobili residenziali che per quelli produttivi. I valori reali di mercato, le rendite e i tributi in alcuni casi non sono più allineati alle tendenze attuali.
E’ anche noto come la riforma del Catasto sia richiesta all’Italia dagli organismi europei da molti anni, quindi da ben prima della recente determinazione degli adempimenti necessari per la gestione del PNRR.
Il mercato immobiliare italiano, che piaccia o no, negli ultimi anni è cambiato: molti immobili, così come intere zone delle nostre città, hanno assunto un valore diverso e, di conseguenza, le singole unità compravendute sono spesso disallineate, in un senso o nell’altro, rispetto alla materia fiscale.
A proposito di mercato immobiliare, ti segnalo i miei recenti post che descrivono le ultime rilevazioni su:
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