Nel percorso sulla compravendita, questo secondo post è dedicato al tema della valutazione dell’immobile.
Essendo connessa alla vendita, è il tratto basilare di una vera e propria operazione di investimento sul futuro (e in seguito vedremo quanto sia speculare con quella dell’acquirente).
Anzitutto va accolto con rispetto il fatto che tale scelta è enormemente impegnativa, densa di aspetti che vanno dall’emotivo al pratico, dal tecnico all’economico, e tutto questo porta anche a vivere le più diverse emozioni lungo tutto il cammino.
Con il titolo/domanda di questo post ho voluto evidenziare quello che, di solito, all’inizio del percorso di vendita si chiede un proprietario. E la domanda così posta credo sia giusta e opportuna in quanto di un immobile bisogna determinarne il valore, che è qualcosa di più complesso del prezzo. Il prezzo magari è la tappa finale del processo di valutazione, non quella iniziale. Dare il giusto valore vuol dire che si è considerato tutto il complesso degli aspetti attribuibili all’immobile da vendere. E quali sarebbero questi aspetti?
Partendo dal presupposto che si tratta di aspetti tanto emotivi/personali che tecnici/economici, non vi propongo una lista degli uni e degli altri, ma una visione secondo cui ogni fattore contiene entrambi. E’ difficile (se non impossibile) scindere tra passione e razionalità, e non sarebbe neanche giusto, dato che, quando si vende una casa, si vende una parte di sé e si guarda al futuro per sé, per i propri cari, per i destini propri e, spesso, anche di altri.
Tra i fattori che possono determinare il valore di un immobile c’è quello del mercato. Lo abbiamo sentito, letto, commentato tante volte. Sappiamo che siamo in una fase difficile, la domanda di immobili è calata già da diversi anni, come sintomo di una crisi più generale. C’è il problema dell’accesso al credito. Ci sono problemi strutturali forti. Se si sta in un range di prezzo incluso nelle analisi di mercato, l’immobile ha ampie possibilità di essere venduto, altrimenti c’è il rischio che l’immobile finisca nelle sabbie mobili, con conseguente rischio di produrre danni (non tutti traducibili in numeri) dovuti ai tempi di attesa, al logorìo che ne potrebbe scaturire.
Volendo rovesciare l’ottica del ragionamento, la questione si potrebbe impostare così: in base alle necessità personali, in base alla proiezione nel futuro che si vuol dare all’investimento, c’è da tener conto del fattore tempo. Oggi più che in passato. Per i motivi detti prima. Qui si apre uno scenario delicatissimo: “Perché casa mia non dovrebbe valere quanto dico/penso/sento io?”. La liceità di questa domanda è cristallina e indiscutibile. Infatti non si mette in discussione questo fattore in sè, ma per me è necessario metterlo in lavorazione nel confronto con la realtà.
Come singoli, non abbiamo la possibilità di modificare l’entità mercato. Si ha unicamente la possibilità di affrontarlo con gli strumenti di cui si dispone. E l’immobile è uno strumento. Non a caso parlo di strumento. Sì, perché il fine è un’altra cosa: va declinato con la propria idea di futuro. E ogni proprietario in cuor suo lo sa. E se lo comunica a se stesso, ai propri cari, all’eventuale mediatore, lo strumento può essere adoperato al meglio.
Va quindi appurato nella dinamica tempo/denaro il proprietario come e quanto può/deve muoversi. Quindi parlerei di tempo e denaro (con la “e” congiunzione). Quello che rende poi appetibile l’immobile sono poi le sue specificità, la sua storia, i suoi impianti, i suoi pavimenti, i metri quadri, il contesto, il posto auto, e via dicendo. E anche qui sarebbe molto positivo che nel racconto dell’immobile da parte del proprietario (v. “le finestre che si aprono” nel mio precedente post) le questioni tecniche e amministrative venissero accompagnate e contaminate dai fattori emotivi. Perché?
Perché credo che quando si mette in campo come investimento un patrimonio del genere, la dimensione affettivo/emotiva integra positivamente la valutazione, serve a delineare il giusto valore che si sta dando al personale progetto verso il futuro. Ad esempio, capita che per dare un futuro ai figli, si debba vendere la casa dei nonni. In questo passaggio intergenerazionale, quanto pesa il fattore affettivo rispetto al prezzo ottenibile che deve stare in un range di mercato equilibrato se si vuole vendere in tempi non troppo lunghi? Tutto va considerato, ponderato. I vari aspetti vanno condotti al dialogo, non separati.
Esempio: nell’ampio salone c’è un camino, nell’angolo più riservato. Quello spazio è stato per anni teatro di giochi e racconti con i propri nonni e genitori e oggi quello spazio fa parte di un immobile che va venduto perché i propri figli/nipoti crescono. Che valore ha? L’acquirente che verrà non fa parte della stessa famiglia (salvo eccezioni), quindi non può apprezzarlo da quel punto di vista. Ma se il racconto del proprietario è stato sincero, io, nel mio lavoro di mediazione, potrò disvelare all’acquirente i pregi di quell’angolo di casa, che comunque può risultare uno spazio accogliente, caldo. E l’acquirente sarà libero di valutarli e/o di innamorarsene, ma libero anche di comprare o non comprare quella casa perché ha o non ha il posto auto di pertinenza (e quindi il camino non era necessario). Ci può stare. E si vince lo stesso se, a suo tempo, abbiamo dedicato anche al posto auto la giusta attenzione e visibilità.
Il camino, il posto auto, e tutti gli altri fattori forieri di valutazione possono essere espressi da tabelle, calcolatrici, manuali. Utili strumenti, pieni di numeri, ma vuoti di significato, se non si dà significato alla decisione di vendere. E quindi il senso del camino e del posto auto è questo: se in una fase complicata di mercato c’è il desiderio e/o la necessità di vendere casa, il livello di esplicitazione e valorizzazione delle caratteristiche intrinseche deve essere alto. E per emergere nel mare magnum (altro effetto della fase difficile in corso) degli immobili in vendita, la casa va resa veramente unica per quello che possiede in sé. L’unicità dovuta ad un prezzo troppo alto la rende quasi invisibile, l’unicità dovuta ad un prezzo troppo basso la svaluta senza pietà.
Tra questi due paletti da evitare, si può operare bene se si dà all’immobile la dignità di strumento principe della progettualità verso il futuro, valutando quindi ogni sua caratteristica con equilibrio. Quello che è accogliente e caldo per me, può essere inospitale e freddo per un’altra persona. Io lo mostro, lo evidenzio, lo valorizzo, ma l’incontro col potenziale acquirente – affinchè la parola “potenziale” pian piano evapori – avviene anzitutto su una base di reciproco rispetto. La casa che si vuole vendere non può piacere a tutti, questo ci sta, ma prima o poi arriverà la persona a cui piace veramente. Sul prima o poi, le decisioni di base spettano a chi vende, in prima battuta, e, in risposta, all’acquirente, quando dovesse cominciare a maturare un’attrazione positiva verso quella casa. E questo sarà il tema della prossima tappa di questo percorso.
Intanto, ti invito a condividere sensazioni, umori, riflessioni su quanto ho scritto qui, commentandolo. Grazie!
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